Un’intervista a Sister Trai Nghiem
Di Brother Phap Dung e Brother Phap Lai
Phap Dung e Phap Lai hanno intervistato Sister Trai Nghiem a Plum Village, nella primavera del 2011.
Domanda: Tu e la tua famiglia siete stati sempre buddhisti?
Sister Trai Nghiem: Per nascita, sì. Ma non praticanti. In Giappone, lo chiamiamo "buddhismo dei funerali". La maggior parte delle persone vanno al tempio per la prima volta quando qualcuno della loro famiglia muore, per un funerale. Avevo 28 anni quando mia madre è morta di cancro. Avevo già contemplato la morte e l'impermanenza prima, ma è completamente diverso quando qualcuno vicino a te sta morendo. Il mondo comodo a cui ero abituata stava cadendo a pezzi. E 'stata proprio la sua morte che mi ha portato al buddhismo.
D: Come violinista di professione, come ti ha motivato la musica?
TN: Volevo creare qualcosa di bello e vedere dove avrei potuto arrivare come violinista nel mondo della musica classica. Volevo essere parte di un orchestra di fama mondiale e ho apprezzato molto gli anni in cui ho viaggiato e suonato come membro della Mahler Chamber Orchestra. E 'stata veramente una bella esperienza.
D: Hai avuto dei dubbi su dove la musica potesse portarti?
TN: Quando ero al college, mi sono imbattuta nella seguente citazione di Platone: "Non è colui che produce una bella armonia suonando la lira o altri strumenti che si dovrebbe considerare il vero musicista, ma colui che sa fare della propria vita una perfetta armonia mettendo in accordo i suoi sentimenti, le sue parole e i suoi atti." Queste parole mi scossero con violenza, perché sapevo in cuor mio che non ero la vera musicista che volevo essere. Anche se stavo vivendo una carriera di successo e lo stile di vita che avevo sognato, mi sentivo bloccata. L'unica via d'uscita era quella di lasciarli andare completamente. Dopo aver deciso di diventare monaca, pulendo il mio appartamento, trovai di nuovo la citazione di Platone. Questa volta le sue parole mi regalarono un sorriso. Conservo ancora quel pezzo di carta con me.
D: Cosa ti ha portato a Plum Village?
TN: Quando ero più giovane, vedevo il bello della lotta e dell’andare contro corrente. Ma quando morì mia madre, rimasi a corto di energie per combattere, e decisi di lasciarmi semplicemente trasportare dal flusso della vita e vedere cosa sarebbe successo. A quel tempo, i libri Thay entrarono nella mia vita, portandovi molto conforto. Mi recai a Plum Village per la prima volta nell’inverno del 2007 e mi sentii subito a casa.
D: Ti sembrava il paradiso?
TN: Onestamente, all’inizio non sopportavo le canzoni di pratica, come "Inspirando, Espirando”. E quando sentii i monaci e le monache cantare erano così stonati! Ma c'era qualcos'altro. C'erano dolcezza e calore.
Prima di venire a Plum Village avevo frequentato delle sessioni di meditazione zazen e alcuni ritiri yoga. Ma sembrava che fossimo tutti rinchiusi in noi stessi, alla ricerca di qualsiasi cosa stessimo cercando di raggiungere. Invece a Plum Village c’erano solo delle persone che vivevano semplicemente, gentili gli uni con gli altri, proprio il modo in cui gli esseri umani dovrebbero vivere. Me ne innamorai.
D: Anche delle canzoni?
TN: Non subito ... ma poi capii che questa era la mia pratica e vidi che avevo bisogno di praticare il lasciare andare la mia mente giudicante, analitica e cinica per godere solo del momento presente. Oggi mi rendo conto che le canzoni di pratica sono uno dei metodi più intelligenti nella nostra tradizione. Quando mi ritrovo ad essere di cattivo umore, una canzone come "Happiness" mi viene in soccorso. Poichè cantiamo tutti i giorni, le canzoni sono impresse nella nostra coscienza-deposito e sono, quindi, disponibili ogni volta che siamo trascinati dalla dimenticanza. Conoscendo il loro potente effetto "medicinale", ora canto le canzoni con tutto il cuore, con i gesti e il resto.
D: Cosa ti ha portato a diventare monaca?
TN: Sono sempre stata interessata ad una sorta di vita spirituale. Ma non potevo immaginare di abbandonare questa meravigliosa vita da musicista professionista. E non volevo deludere la gente intorno a me. Mi consultai con una sorella durante la mia prima visita a Plum Village e lei mi disse: "Non hai bisogno di pensarci ora, perché quando arriverà il momento, lo saprai."
Tre mesi dopo, ci fu un ritiro a Roma, e per fortuna stavo lavorando in Italia, così ci andai. L'ultimo giorno del ritiro mentre stavo per prendere il treno per tornare a lavoro, ricevetti una telefonata dal Giappone, in cui mi dicevano che mio padre stava molto male e che l’avevano ricoverato in ospedale. Così cancellai i miei impegni di lavoro e tornai in Giappone per stare con lui.
Quell'estate, mio padre morì. Dovetti prendermi cura di un sacco di cose riguardo la sua morte e il mio lavoro. Mi sentivo come se continuassi a correre e correre senza riuscire a fermarmi. Sapevo che non potevo andare avanti così per troppo tempo senza danneggiarmi irreparabilmente. Decisi così di essere compassionevole verso me stessa e mi iscrissi al ritiro invernale. Mi dicevo, non c’è bisogno di fare nulla, lascerò solo che mi riposi. Ogni notte andavo a sedermi nella Sala del Buddha a lungo, da sola. Volevo tranquillità. Niente musica, niente parole. Dopo circa un mese di vita con le sorelle a New Hamlet, capii. La domanda: "Voglio lasciare il mio lavoro e diventare una monaca?" non era più lì perché ero già su quella strada, anche se la mia testa non era ancora rasata.
D: Cosa è successo al tuo rapporto con la tua musica quando sei diventata un’aspirante?
TN: Una notte stavo sedendo e capii per la prima volta cosa significava non avere "nessun posto dove andare, niente da fare." E poi mi resi conto: "Oh, sto lasciando andare tutte le cose che avevano molta importanza per me." Non avevo avuto alcun desiderio di ascoltare la musica da quando ero arrivata a Plum Village, ma improvvisamente ebbi il desiderio di ascoltare una sinfonia di Brahms. Nel mio letto, accesi l'iPod e le lacrime cominciarono a scorrere. Capii, questo è il mondo in cui vivevo, e non l'ho mai apprezzato come avrei potuto. Questo incredibile mondo della musica era stato con me da quando avevo cinque anni. E ora la stavo ascoltando e mi toccava in un modo completamente diverso. Sentii che la musica era in me, ma allo stesso tempo, ero già al di fuori di quel mondo cui ero così abituata. Seppi che non c'era modo di tornare indietro. Capii quanto ero stata fortunata nella mia vita ad avere la musica come rifugio e guida.
D: Vedi una somiglianza tra l'essere musicista e l’essere monaca?
TN: Moltissimo. Il Sangha è come un'orchestra. Ogni membro ha un ruolo unico e insostituibile. C'è il percussionista che magari ha una sola nota da suonare nell’intera sinfonia, mentre i violinisti suonano per tutto il tempo senza sosta. Non ci verrebbe certo in mente di lamentarci dicendo che non è giusto, perché questo è ciò che rende la musica così bella. Per vivere felicemente nel Sangha, dobbiamo accettare che ogni persona abbia il suo ruolo. Alcune lavorano più ore di altri, ma è così che è. Soffriamo quando veniamo catturati dal complesso di uguaglianza. Quando l'orchestra è in armonia, si sente il suono dell'orchestra nel suo insieme, come un unico grande strumento. Sentire il suono di ogni singolo violinista dell'orchestra, non sarebbe piacevole. I nostri singoli suoni si fondano nel suono collettivo, in modo che non c'è più la distinzione tra "il mio suono" e "i suoni degli altri."
Una volta, Sir Colin Davis, un meraviglioso direttore d'orchestra inglese, disse durante una prova, in cui le cose non erano abbastanza ben amalgamate insieme: "Chi cerca di dimostrare di essere nel giusto, è un terrorista!" Miracolosamente, dopo questo annuncio, suonammo in perfetta armonia. Ogni membro di un'orchestra è un artista nel suo diritto, ma quando cerchiamo di convincere gli altri di come si dovrebbe suonare, non funziona mai. Questo insegnamento può benissimo essere applicato alla vita nel Sangha. Al fine di non creare sofferenza per me stessa o per altri, ho bisogno di monitorare costantemente i miei pensieri, di accorgermi se sono attaccata alle mie idee.
Se il Sangha è un'orchestra, Thay è il direttore. Un direttore abile non cerca di controllare i musicisti, lascia solo che l’orchestra suoni. Questo è esattamente ciò che ci dice sempre Thay: "Di choi!" La traduzione letterale è "andate a giocare!" Può anche essere tradotto come "andatevene in giro a divertirvi". Thay, proprio come un direttore d'orchestra competente, si fida del Sangha, e grazie a questa fiducia può tirare fuori il meglio da ogni membro del Sangha. Un laico mi ha chiesto una volta perché Thay viaggia con così tanti monaci durante i tour d’insegnamento. Ho detto: "Non ha senso per un direttore andare in tour senza la sua orchestra. Noi inter-siamo".
Quando l'intero Sangha è seduto insieme al mattino, è come un'orchestra che si accorda prima di un concerto. Non ho mai provato a suonare il violino senza accordarlo. Perché dovrebbe essere diverso con il mio corpo e la mia mente? Se inizio la giornata accordandomi con il Sangha, il resto del tempo sarà molto più armonioso e piacevole.
D: Hai vissuto e lavorato in molti paesi, e sembra che conducessi uno stile di vita molto indipendente, dove potevi scegliere cosa fare. Il Sangha ha uno stile di vita più educato e sobrio. Come ci si sente?
TN: Avevo una mia idea di che cosa significasse essere monaca. Avevo detto ai miei colleghi che abbandonavo questo stile di vita itinerante per andare in un tranquillo monastero in Francia, e che per i primi due anni non sarei andata da nessuna parte. E improvvisamente Thay mi dice, “va bene, andrai in tour”. E ho pensato, questo non è molto diverso da quello che facevo prima. Questo è ciò che rende Thay un maestro Zen, perché non appena siamo catturati nella nostra idea di come le cose dovrebbero essere, lui ti dà un colpo di scure Zen con un sorriso. Ero presa nella mia idea di come fosse la vita monastica da novizia, una vita tranquilla, in campagna, a coltivare l'orto. In realtà, la pratica non dipende assolutamente dalla forma esteriore. Non è quello che fai ma come lo fai. Se scelgo di essere pienamente consapevole mentre viaggio per andare a un ritiro, posso fare progressi sulla strada. Se non c'è consapevolezza, è una perdita di tempo sedersi, camminare lentamente, e studiare i sutra, anche in un monastero. Non importa quello che faccio, se cucinando, pulendo, studiando, o viaggiando, ricordo a me stessa di stare attenta e a mio agio.
D: Qual è la cosa migliore dell’essere una novizia?
TN: E 'come essere un bambino protetto in famiglia. Ci sono così tanti fratelli e sorelle maggiori che mi insegnano e guidano in modi diversi. Mi piace avere lo spazio per commettere errori. Ho l'energia dell’abitudine di voler realizzare qualcosa, quindi sto praticando il lasciare andare la mia idea di cosa significhi essere una "brava monaca". C'è una sorta di idea collettiva su ciò che significa essere una brava monaca, così come vi è un’intesa collettiva nel definire il buon musicista. Se provassi a diventare una “brava monaca”, rimarrei bloccata nello stesso modo in cui ero bloccata come musicista.
Sin da piccola, tutto quello che facevo mi veniva abbastanza bene. Così ho ancora la sensazione che qualsiasi cosa faccia, devo essere in grado di farla bene. Anche se conosco questa energia dell’abitudine e la monitoro continuamente, riconoscendo le motivazioni delle mie azioni, è ancora là, in un livello più profondo, ed è la causa di una certa tensione di base.
D: L'orgoglio è un problema per te? Ti capita a volte che si manifesti un senso di superiorità verso gli altri nella comunità?
TN: Si manifesta con il disgusto. E 'probabilmente una delle cose più vergognose di ammettere. Ma il complesso di superiorità non è altro che l’altra faccia del complesso di inferiorità. Sono come due facce di una medaglia. Ogni volta che noto il complesso di inferiorità manifestarsi, mi dico: "Tu SEI abbastanza."
Sono felice di riconoscere che nei quindici mesi da quando sono diventata monaca, ho molto ridotto il livello di giudizio e di critica verso me stessa e le altre persone. Avere pensieri negativi come i giudizi è un grande spreco di energia preziosa. Così come mi prendo cura di non sprecare le risorse naturali come l’acqua e il cibo, cerco anche di conservare la mia energia in modo che possa essere usata per qualcosa di più vantaggioso. Come risultato, mi sento molto più rilassata rispetto a prima e molte persone hanno condiviso con me che notano la differenza. Grazie al Sangha, una cosa che ho imparato finora nella mia breve vita è questa: essere gentili è molto più importante che essere bravi in qualcosa.
D: Hai qualche aspirazione?
TN: Quella di essere felice. Non sempre ho avuto un buon rapporto con i miei genitori, ma dopo che sono morti ho capito quanto amore incondizionato mi avessero dato. Qualsiasi cosa abbiano fatto, sento che l'unica cosa che volevano per me era che fossi felice. Ma poichè non sono stata in grado di riconoscerlo se non dopo che hanno abbandonato la loro forma fisica, ho avuto questo rimpianto, volevo farli felici, fare qualcosa per loro. Ora so che il modo per rendere omaggio ai miei genitori è di essere semplicemente felice. Sto praticando con e per i miei genitori.
Dopo la loro morte, sono molto più in contatto con loro. Questo suona quasi falso, ma sento come se mi guidassero in ogni momento. Sento la loro presenza molto più di prima. Se non so cosa fare, mi rifugio nei miei genitori e lascio che siano loro ad agire. Se ascolto profondamente, sanno sempre come guidarmi nella giusta direzione. Sento davvero che i miei genitori mi hanno portato a questo punto della mia vita adesso. E non solo i miei genitori, ma tutti i miei antenati di sangue, di terra e gli antenati spirituali. Compresi tutti i meravigliosi musicisti che ho incontrato nella mia vita, come Bach e Mozart.
Tratto dal Mindfulness Bell, Autunno 2011