Fonte: Il sole 24 ore.com
Tensioni continue, anche negli ultimi anni. Difficoltà che la Chiesa cattolica e le autorità vietnamite, come testimonia la visita del capo di stato Nguyen Minh Triet venerdì in Vaticano, stanno cercando di superare, nel tentativo di arrivare a un disgelo.
Con 6 milioni di credenti, la Chiesa vietnamita rappresenta la seconda comunità cattolica in Asia. Dopo il Partito comunista è la più grande organizzazione nel Paese. Una presenza che Hanoi vede come una minaccia all'unità nazionale: pur mantenendo una separazione tra Chiesa e Stato, le autorità insistono nel voler approvare le nomine delle gerarchie cattoliche, e con il Vaticano non sono mai stati stabiliti rapporti diplomatici. Nel dicembre 2007, la comunità cattolica iniziò una serie di veglie di preghiera e altre manifestazioni di protesta sui terreni contesi, poi represse dalla polizia. Un sacerdote, Nguyen Van Ly, è stato condannato a otto anni di reclusione con l'accusa di aver diffuso propaganda contro lo Stato.
I media vietnamiti, sotto il controllo di Hanoi, hanno definito «attaccabrighe» i preti colpevoli di aver «fomentato rivolte, accusato falsamente il governo, aver mancato di rispetto alla nazione, infranto la legge e istigato i loro fedeli a violarla». Alcuni monasteri sono stati confiscati e rasi al suolo, per far spazio a parchi turistici e hotel. All'inizio di quest'anno, nel Vietnam centrale, tra i manifestanti cattolici e le forze dell'ordine si sono verificati nuovi scontri nei pressi di un luogo di culto eretto sulle rovine di una chiesa, distrutta dai bombardamenti americani durante la guerra.
I problemi sui diritti umani e religiosi non si fermano ai rapporti con i cattolici, ma sconfinano anche in quelli con il culto principale del paese, il buddhismo, per il quale esiste una Chiesa di stato e altre non ufficiali a cui è concessa un'autonomia limitata. Il 27 settembre piu di 350 monaci, discepoli del maestro di tradizione zen (in vietnamita thien) Thich Nhat Hanh, esiliato in Francia da oltre 40 anni e conosciuto per il suo impegno a favore della pace, sono stati violentemente espulsi da un gruppo diretto da ufficiali della locale polizia religiosa dal loro monastero (Bat Nha), nel Vietnam centrale. Molti monaci sono stati brutalmente picchiati. Il motivo risiederebbe nelle recenti dichiarazioni di Thich Nhat Hanh sulla questione tibetana e nelle pressioni che Hanoi avrebbe ricevuto dal vicino più influente, la Cina, molto sensibile su questi temi.
Durante le ultime settimane hanno preso rifugio in un tempio poco lontano (la Phuoc Hue pagoda nella provincia di Lam Dong, dove normalmente sono ospitati solo cinque monaci). La polizia ha catturato due dei religiosi più anziani della comunità e li tiene agli arresti domiciliari, a quanto riferiscono fonti informate, senza alcuna accusa circostanziata. Altri due monaci sono stati minacciati di arresto e sono quindi costretti a nascondersi. Dopo una significativa attenzione e pressione da parte della stampa e della comunità estera, il comportamento del governo, intorno la fine di ottobre, sembrava essersi ammorbidito, ma in novembre è ripresa la repressione.
«Il governo - raccontano alcuni esponenti del monastero zen di Thich Nhan Hanh nel sud della Francia - ha esercitato e continua, tuttora, a esercitare un'estrema pressione al fine di disperdere forzatamente la comunità, minacciando di ricorrere alla violenza nel caso in cui i monaci rifiutino di lasciare il loro rifugio». Il 26 novembre i monaci hanno ricevuto l'ordine formale di disperdersi, lasciare il tempio e cessare di praticare assieme la loro fede. «Azioni apertamente in contrasto con numerosi accordi internazionali sottoscritti dal governo del Vietnam e anche contraria alla legge dello stato», commentano le fonti. Il 26 novembre il Parlamento Europeo ha apertamente condannato le violazioni dei diritti di religione e di espressione da parte del governo di Hanoi.
10 dicembre 2009